La nuova finanza d’impresa. Intervista a Lucio Insinga per la rivista “Il Dirigente”
La nuova finanza d’impresa. Intervista a Lucio Insinga per la rivista “Il Dirigente”
Una sfida tutta da giocare per manager e alte professionalità. Ne parliamo con Lucio Insinga, amministratore delegato di Management Capital Partner che ha da poco scritto un libro dal titolo “Come finanziare l’impresa. Attori, strumenti e metodi per potenziare la crescita” pubblicato da Primiceri Editore.
Lo studio di Lucio Insinga si caratterizza per la spiccata capacità di coniugare la concretezza di chi è abituato a misurarsi con la solidità dei numeri e l’attitudine alla visione che conduce a una reinterpretazione innovativa delle alte professionalità imprenditoriali e manageriali che governano i sistemi industriali e produttivi nella società complessa.
Imprenditori, manager e investitori, per essere oggi in grado di intercettare i bisogni di mercati globali fluttuanti e molto spesso instabili, dovranno mettere in campo strategie di intervento e di approccio al business che nulla hanno a che vedere con i metodi tradizionali. La combustione delle certezze, generata dal salto di paradigma dall’industriale al digitale, ha modificato le tecniche e i metodi della produzione, ma anche il nostro sguardo sull’universo che ci circonda.
L’intervista a Lucio Insinga
Per parlare di finanza d’impresa bisognerà dunque muoversi dentro questa svolta epistemologica, che impone preparazione, consapevolezza, oltre che un’adeguata educazione finanziaria.
Non crede che la finanza abbia bisogno di strumenti, ma anche di valori, per non avvitarsi su se stessa e ripercorrere gli errori del passato?
«Il mio studio parte da questa convinzione di fondo. Proprio perché veniamo da anni segnati dalla crisi bisogna mettere in campo tutte le energie intellettuali, professionali e, sottolineo, morali per avviare una nuova stagione di crescita che possa vedere al centro le eccellenze di cui l’Italia dispone. Eccellenze che spesso rimangono sotto traccia, che invece dobbiamo impegnarci a far riemergere, per trovare un percorso di senso e dei punti di riferimento nel contesto variegato e sempre più contraddittorio della globalizzazione».
La finanza d’impresa, un asset cruciale per gli equilibri del business di cui spesso non si ha una piena padronanza. Qual è lo stato dell’arte?
«Innanzitutto occorre precisare che il problema della cultura finanziaria non riguarda solo imprenditori e manager ma anche i professionisti. Ho sempre considerato la finanza d’impresa come un must imprescindibile, come dimostra una ricerca che ho promosso nel 2007. Già allora avevo messo in evidenza il livello inadeguato di conoscenza degli strumenti della finanza d’impresa delle nostre aziende e la scarsa attitudine ad assumere dirigenti in questo delicato settore. Sono passati 12 anni, purtroppo non ho visto nessuna evoluzione. Intanto i mercati si trasformano, non aspettando certo la nostra lentezza».
Che risposte oggi siamo in grado di dare a esigenze vitali per il destino dell’impresa?
«C’è ancora una certa resistenza da parte di alcuni colleghi a occuparsi di finanza d’impresa. Le motivazioni sono essenzialmente tre: mancanza di volontà a voler presidiare segmenti di mercato diversi dal tradizionale governo della contabilità e degli adempimenti fiscali; limitata conoscenza di alcune operazioni; scarsa attitudine nelle attività di networking. Tutto questo è molto grave perché fa perdere a loro e alle aziende loro clienti la possibilità di sfruttare appieno le potenzialità che, ad esempio, il mercato del capitale non bancario offre oggi».
Migliorare la conoscenza di tecniche e strumenti finanziari è dunque la parola d’ordine. Da dove bisogna cominciare?
«La decisione di pubblicare questo manuale vuole, in particolare, rispondere all’esigenza di andare oltre la comunicazione immediata, tipica dei social, che impongono modalità espressive sintetiche e non danno spazio a nessuna argomentazione. Serviva un esame ragionato delle fonti che vanno dai Quaderni di finanza pubblicati dalla Banca d’Italia ai Regolamenti emanati dalla Consob, alle riviste di diritto bancario, ai testi specialistici. Per dare un’idea del perimetro di indagine basta ricordare che il manuale cataloga la totalità delle figure di finanziatori, le tipologie di operazioni possibili e gli scenari nei quali si può trovare un’impresa sia che decida di aprire il proprio capitale a terzi, sia che voglia effettuare un’operazione di debito puro. I dati sull’andamento delle operazioni condotte dai fondi di private equity, riscontrabili anche in un’interessante survey condotta da Iban e Liuc Business School, spiegano le potenzialità e il ruolo di supporto che possono offrire i business angel ancora poco conosciuti».
Una parte che può certamente stuzzicare il lettore è quella del dizionario. Può spiegarci di che si tratta?
«Volevo che gran parte dei termini di uso corrente nel mondo della finanza, o che sovente ascoltiamo in radio a alla tv, trovassero nel libro il loro corretto significato».
I cambiamenti tratteggiati nel suo lavoro imporranno una profonda trasformazione delle professioni finanziarie. Questo salto di paradigma deve preoccuparci?
«Non credo se lavoriamo seriamente sulla formazione. Le semplificazioni fiscali chieste a gran voce, l’introduzione della flat tax e i continui sviluppi in materia di intelligenza artificiale sono destinati a modificare i comportamenti delle imprese e degli stessi professionisti e manager che si occupano di materia gestionale contabile. Siamo di fronte a una rivoluzione epocale anche per quel che concerne le tematiche della finanza d’impresa. I cambiamenti normativi, finalizzati a prevenire la crisi d’impresa e a governare l’indebitamento prevedono l’istituzione di figure professionali che si caratterizzeranno per un portafoglio di competenze, ancora tutto da definire».
Se i dirigenti riflettessero sull’efficacia degli strumenti che la tecnologia mette a disposizione l’atteggiamento potrebbe mutare. Qual è il suo parere?
«La chiave è quella di soppesare il salto in avanti che in termini di trasparenza dei processi e di qualità della performance si potrà ottenere con una corretta governance dell’innovazione applicata al mondo finance. I vantaggi sono tanti, percepibili e socialmente diffusi. Per gli imprenditori che hanno una maggiore consapevolezza sull’importanza degli impegni che assumono prendono coscienza del fatto che per fare certe operazioni oggi è possibile sfruttare le potenzialità della rete, coinvolgere attori diversi dal sistema bancario, attuando modalità fino a pochi anni fa inimmaginabili, penso per esempio allo strumento del crowdfunding».
Anche per i manager si apre dunque una pagina nuova, tutta da scrivere…
«Si apre un orizzonte stimolante, perché grazie alla strumentazione di cui finalmente possiamo disporre è possibile tracciare rotte realmente percorribili per la crescita. Gli stessi professionisti che collaborano con i manager trarranno beneficio da questo cambiamento d’epoca perché potranno ampliare la gamma dei servizi, rafforzando le linee di business. Bisogna avere voglia di rimettersi in gioco, con quell’umiltà socratica che deve renderci consapevoli della “nostra ignoranza”, per trovare la forza di migliorarsi e di continuare la ricerca e la formazione, che devono accompagnarci per tutta la vita. Non esistono più soluzioni valide per tutti, dobbiamo dare il nostro contributo per creare boutique di servizi su misura, in cui il capitale intellettuale, la creatività e il coraggio della sfida devono fare la differenza».